“Esperienza pre-morte”: il cervello funziona dopo lo stop del cuore

16 Ottobre 2013

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  1. *Astrella
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    “Esperienza pre-morte”: il cervello funziona dopo lo stop del cuore




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    Ricercatori statunitensi hanno trovato la prima spiegazione scientifica a quella che viene genericamente definita “esperienza pre-morte”, talvolta sperimentata da quanti sopravvivono ad un infarto: il racconto di aver “visto” una luce bianca.

    Lo studio ha rivelato che contrariamente a quanto sempre pensato il cervello continua a funzionare fino a 30 secondi dopo che il cuore si è fermato, smettendo di pompare sangue. È quanto riferiscono sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences studiosi dell’università del Michigan sulla base di test eseguiti su delle cavie da laboratorio anestetizzate e su cui è stato indotto un arresto cardiaco.

    Utilizzando un elettroencefalogramma i ricercatori hanno analizzato le attività cerebrali di nove ratti anestetizzati e sottoposti ad arresto cardiaco indotto sperimentalmente. Entro i primi 30 secondi dopo l’arresto cardiaco, in cui il cuore smette di battere e il sangue smette di fluire verso il cervello, in tutti i ratti è stata riscontrata una attività cerebrale con una diffusa sovratensione, caratteristica questa associata ad un cervello altamente eccitato e dalla percezione cosciente.

    Comportamenti cerebrali identici sono state osservate dai ricercatori anche nei ratti sottoposti ad asfissia. «La previsione che avremmo trovato alcuni segni di attività cosciente nel cervello durante l’arresto cardiaco, è stata confermata con i dati », scrive Jimo Borjigin, professore di fisiologia molecolare e integrativa e di neurologia presso la scuola di medicina dell’università del Michigan e coautore dello studio.

    «Siamo stati sorpresi però - aggiunge l’anestesista George Mashour, coautore dello studio - dagli alti livelli di attività. In effetti i segnali elettrici ci indicano che il cervello ha una attività elettrica ben organizzata durante la fase iniziale di morte clinica. Questo ci suggerisce che nello stato di pre-morte esiste quindi un livello di coscienza che normalmente si trova in una condizione di veglia ».

    È la prima volta che si indaga in maniera sistematica sulla condizione neurofisiologica del cervello immediatamente successiva all’arresto cardiaco. «Questo studio ci dice che la riduzione di ossigeno o di ossigeno e glucosio durante l’arresto cardiaco è in grado di stimolare l’attività cerebrale che è una caratteristica dell’elaborazione cosciente. Esso offre anche il primo quadro scientifico - conclude Borjigin - per le molte esperienze di pre-morte riportate da pazienti sopravvissuti all’arresto cardiaco ».


    Fonte: www.nonapritequelportale.com/node/2394
     
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