Covid 19 – Questa è la Mia Storia.

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    Questo è il mio racconto. Non è inventato, non è copiato.

    E' la cronaca di ciò che ho vissuto in questi ultimi giorni e sento il bisogno di condividerlo perchè la gente abbia una testimonianza in più riguardo a ciò che accade a chi ha la sfortuna di incontrare il Covid19, personalmente o perchè ha colpito una persona della famiglia, un amico, un conoscente.

    Mio padre aveva 86 anni.
    Conversazione brillante, mille interessi, guidava l'auto, era totalmente indipendente e stava benone.
    Ci sentivamo tutti i giorni e ci vedevamo tutti i giorni, passava da casa nostra a salutare e a prendere l'aperitivo o un caffè.
    Non aveva problemi se non quello di scegliere il ristorante quando decideva che era ora di andare a pranzo fuori.
    Gli piacevano un sacco le ostriche, le escargot à la Bourguignonne , la buona cucina e apprezzava un buon cocktail e un bicchiere di buon vino.
    Gli piaceva l'allegria dello stare in compagnia, il mare, le gite.

    Aveva 86 anni, ne dimostrava minimo dieci di meno ma era nel target.

    Gli ho ripetuto fino allo sfinimento di restare a casa, perchè era a rischio, perchè se si fosse preso il Virus e fosse stato necessario ricoverarlo in Ospedale sarebbe rimasto solo, perchè nessuno di noi sarebbe potuto andare a fargli visita, perchè molti della sua età non se la cavano.
    Il 10 Marzo è stato l'ultimo giorno in cui è passato da noi.
    Stava bene.
    Ci è costato ma per precauzione non ci siamo abbracciati e nemmeno baciati.
    L'ultimo giorno in cui ha visto la sua Famiglia prima di rintanarsi in casa con la sua compagna.
    Portavo la spesa, la posavo davanti alla porta, mi allontanavo e ci salutavamo a distanza di sicurezza.

    Avevano avuto per due giorni una noiosa febbriciattola, niente di che. Sembrava stessero bene,
    Il 23 Marzo lo abbiamo ricoverato in ospedale.
    Ha brontolato quando gli hanno detto che lo avrebbero portato giù con la sedia, mi ha salutata seduto sulla barella, vispo e terrorizzato.
    Gli ho urlato “Papà! Tieni stretto il telefono e il caricabatterie perchè è l'unico modo che abbiamo per comunicare!”
    L'unico modo. Non ce ne erano altri. Niente visite. L'Ospedale è blindato.
    Ci siamo sentiti per due o tre giorni, quando aveva solo la mascherina. Chiamavamo noi, chiamava lui. Era stufo. Non lo lasciavano scendere dal letto e lui invece voleva mettere a posto le sue cose nell'armadio. Odiava il disordine.

    Il primo tampone era negativo ma lo avrebbero ripetuto.
    Poi gli hanno dovuto mettere la C-pap perchè la saturazione era bassa. E' rumorosa, spessa e parlare è difficoltoso. Si arrabbiava perchè non riuscivamo a capire cosa diceva e allora gli abbiamo detto di ascoltare, di dire solo si o no. Cercavo di rimanere al telefono più tempo possibile, gli chiedevo come stava, gli raccontavo cosa stavo facendo, chi aveva chiamato per avere sue notizie, parlavo del tempo di cosa avremmo fatto quando sarebbe uscito, inventavo anche, si, inventavo perchè sapevo che per lui era importante sentire la mia voce, la voce del suo adorato nipote, quella di suo genero e della sua compagna.

    Gli serviva per andare avanti era una sorta di nutrimento.
    Poi non mi ha più risposto né chiamato.
    Ho chiesto ai Medici, che mi tenevano costantemente informata sulle sue condizioni, di lasciargli il telefono, di dirgli che sapevo che non poteva rispondere ma che lo avrei chiamato lo stesso. Pochi squilli durante la giornata, per fargli sapere che lo pensavamo, che gli eravamo vicini.

    Il 31 Marzo un Dottore mi ha detto che il quadro clinico si era aggravato, non aveva problemi con la respirazione perchè con la maschera raggiungeva la corretta saturazione ma tutti gli organi stavano smettendo di funzionare.

    Si era arreso. Quello che temevo si era avverato.

    1 Aprile ore 8:30 è suonato in telefono. Papà non c'era più.

    Mio padre aveva quattro crucci.
    Non poter più guidare, perdere la sua indipendenza, diventare un peso per noi e restare solo.
    Il virus è subdolo, tanto che si è rivelato solo al secondo tampone, ma credo che la solitudine gli abbia dato una mano.
    Non lo abbiamo potuto vedere, nessuna preparazione della salma ( li disinfettano e avvolgono in un lenzuolo e gli addetti delle Onoranze Funebri dotati di maschere con i filtri, li chiudono nella cassa), niente funzione religiosa. Solo una benedizione veloce prima della tumulazione alla presenza dei più stretti famigliari, nel nostro caso tre, nel Cimitero aperto apposta per noi (Anche quelli sono chiusi)
    Un nostro amico lavora in quel reparto, mio padre lo conosceva da quando eravamo ragazzi, gli ho chiesto di farsi riconoscere, (bardati come sono sembrano tutti uguali), perchè sapere di avere accanto a sè una persona conosciuta poteva aiutarlo.
    Il mio amico era di turno quando se ne è andato, mi ha detto che non ha sofferto ed era sereno. Gli credo. Mi conosce e sa che può dirmi la verità. Non sono il tipo che dà in escandescenze.
    Assorbo il colpo e volto pagina.
    Restate a casa, mantenete le distanze, lavatevi le mani, usati i guanti e le mascherine.

    Il mio amico mi ha detto “ Non hai idea di quello che stiamo vedendo qui. Non puoi nemmeno immaginarlo.” E' devastante anche per loro.
    No, non lo posso immaginare ma percepire si. Dalla sua voce, dalla voce dei Medici e di altre persone che lavorano lì, dagli sguardi delle persone che sostano a distanza di sicurezza fuori e nell'androne.

    Sono andata tre volte in Ospedale.
    Una volta per ritirare gli effetti personali.
    Una per portare la biancheria di ricambio.
    Una per ritirare il telefono, che è sul balcone dentro a tre sacchetti di plastica in attesa del blocco della sim.

    Tutte e tre le volte ho gettato in lavatrice tutto quello che avevo addosso insieme ad una buona dose di disinfettante.
    Mi hanno telefonato per ritirare la biancheria. “Gettate via tutto.”
    La vita dà, la vita prende.
    Noi stiamo bene, la sua compagna sta bene. Siamo provati ma risorgeremo.
     
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